La pretesa dell’online a tutti i costi
Notizia delle scorse settimane: “le e-mail di Libero e Alice non funzionano. Non funzionano da giorni e riprenderanno a funzionare “appena possibile””. Tutti indignati - lo capisco - ma di fatto vedendo il livello di pubblicità, spam e quant’altro direi fosse chiaro che i due servizi non fossero più gestiti in maniera “impeccabile”.
Notizia apparsa nello stesso periodo, Microsoft ha avuto problemi, per cui Outlook, Teams, ecc. hanno avuto seri disservizi per ore.
Anche Facebook, Whatsapp e Instagram hanno avuto seri problemi, in passato . E questi sono tutti servizi che perdono milioni di euro per ogni minuto di down.
Eppure oggi, nel mondo interconnesso, un’interruzione di connettività o di servizio viene vista come una tragedia.
Gestisco server da così tanto tempo che un bimbo nato quando ho messo online i miei primi servizi può essere laureato e avere avuto a sua volta figli. Il mio primo server è stato archiviato dalla Wayback Machine nel 2002, ma ha almeno un anno in più. Alcuni colleghi con cui lavoro quotidianamente sono nati dopo il mio primo server.
Eppure oggi, come mai prima, uno stop di un servizio (anche fuori orario, anche se pianificato, anche se il servizio in quel momento non serve) è diventato inaccettabile.
Ogni mattina un sistemista si sveglia e sa che dovrà correre contro il tempo per patchare, controllare, riavviare servizi prima che una vulnerabilità possa colpire il proprio sistema. Ogni mattina un utente si sveglia e dovrà usare il servizio proprio nei pochi secondi in cui il sistemista lo sta riavviando. Anche se il sistemista aveva avvisato che avrebbe riavviato il servizio a quell’ora, causando “pochi minuti” di interruzione. Anche se il sistemista si è alzato alle 4 del mattino per farlo. Anche se l’utente, alle 4 del mattino della domenica, di solito dorme.
La Rete è fatta di componenti interconnesse e solo parti di essa sono controllabili. Può accadere che qualcosa salti: un gestore di servizi, una dorsale, un dns esterno. Dobbiamo imparare ad accettare che qualcosa, ogni tanto, possa non essere pienamente efficiente.
Quando si ha un negozio fisico, può esserci un’interruzione di corrente, di acqua, di gas, un allagamento, lavori in strada... perché ciò che è online non può essere fermo un minuto ogni 6 mesi, se preannunciato? Oppure un’ora ogni anno, se c’è un problema imprevisto?
Le promesse del “cloud” hanno indotto tutti a credere che esista il 24/7 sempre e comunque. Ma no, in realtà non esiste e più l’infrastruttura è complessa, più parti possono rompersi. E le promesse di “always online” sono spesso annegate in termini e condizioni con responsabilità limitatissime in caso di infrazione.
Meglio cinque minuti offline oggi che un attacco domani, con relativo rischio di fuoriuscita di dati personali.
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