No, in informatica il “si deve fare così” non dovrebbe esistere
Photo by Eric Prouzet on Unsplash
English version available here
L’esperienza insegna, l’esperienza forma. Probabilmente, se sei giovane, starai pensando “ok, boomer” e sarai pronto a chiudere questo articolo, passando oltre. Se sei meno giovane, invece, potresti pensare che sia il solito articolo “rivoluzionario”, contro il sistema e contro le big corporation.
Non è così.
Circa 20 anni fa tutti gli utenti di sistemi operativi alternativi (ovvero non Windows) venivano visti come degli alieni in quanto “tutto il mondo usa Windows”. Si sognava “l’anno della svolta di Linux (o FreeBSD) su Desktop, argomento su cui si scherza ancora oggi. Di fatto questi sistemi operativi sono arrivati davvero ovunque (sotto forma di Android, Smart Home, Playstation, in parte MacOS, ecc.), in maniera ovviamente diversa rispetto a come avremmo sognato.
Già allora mi adiravo e rispondevo “per quale ragione dovrei usare Windows? Solo perché lo usano tutti?”. La risposta, di solito, era questa: “Nel mondo reale e lavorativo tutti usano Windows”.
Per quanto in un certo senso potessero avere una parte di ragione, non mi sembrava un motivo valido per costringermi ad usare un sistema operativo inadatto o, quantomeno, meno efficace per il mio lavoro.
Il tempo mi ha dato ragione. Internet ha visto prevalere i server basati su sistemi Unix o Unix-like, i datacenter sono diventati principalmente basati su Linux (grazie, Amazon, per aver spinto ancora di più questo trend!), è nato il concetto di “cloud” e tutto ciò che ne deriva. Router e firewall hanno iniziato ad essere basati su Linux o sistemi *BSD e lo sviluppo è andato avanti non più solo sul mantenere in piedi un packet filter ma sulle funzionalità aggiuntive che oggi abbiamo a disposizione.
I big player sono entrati in gioco, Microsoft stessa ha iniziato ad amare Linux, FreeBSD e, con il WSL, ha definitivamente dimostrato che non si può ignorare “l’altro”.
Ad oggi, dire di essere un sistemista Linux genera ammirazione e rispetto, mentre meno di venti anni fa mi sentivo rispondere “Linux è un giocattolo che si usa nelle università, il mondo utilizza Windows”. Essere sistemisti esperti in sistemi *BSD, invece, genera ancora strani pensieri nell’interlocutore.
L’esperienza mi ha dunque insegnato che non esiste (e non deve esistere!) un solo modo di fare le cose. Nel mondo dell’Open Source, poi, la pluralità di soluzioni agevola uno sviluppo diversificato e che potrebbe, nel tempo, riservare sorprese.
Pochi giorni fa ho pubblicato un articolo su come ho effettuato una migrazione da un server Proxmox a FreeBSD senza particolari problemi e migliorando l’efficienza del sistema. L’articolo ha avuto un successo inaspettato, ha ricevuto in pochi giorni un enorme numero di visite e i commenti sono stati entusiastici. Qualche commento critico, ovviamente, è giunto. Amo i commenti critici in quanto a volte è fondamentale vedere le cose da un altro punto di vista. Quando sono davvero convinto, resto comunque della mia idea mentre se il commento critico dovesse riuscire a suscitare un dubbio, avrei lo spunto di indagare ancor di più. Di fare ricerca. Di sperimentare, che è poi alla base del nostro mestiere.
Ecco perché non ho mai simpatizzato con chi, con arroganza (e l’arroganza, spesso, è sinonimo di ignoranza), chiude a qualunque soluzione che non sia la propria favorita.
Dovremmo ormai aver imparato che quello tecnologico è un mondo pressoché infinito, fatto di strumenti (ovvero mattoni) con cui costruire una soluzione al nostro problema. Vedere persone adulte o anziane arroccate su posizioni chiuse e rigorose è triste, ancor più triste è vedere persone giovani (magari anche competenti) che chiudono le porte a tutto ciò che non sia la soluzione “hype” del momento, magari spinta proprio da tanto marketing di chi, su quelle soluzioni, ha investito molti soldi. Dire “siamo nel 2023 e tutti usano Kubernetes sul cloud, su cluster gestiti”, ad esempio, vuol dire ignorare che non tutti gli strumenti sono adatti per risolvere tutti i problemi. Non utilizzo una bilancia industriale per pesarmi in quanto sarebbe troppo grande o troppo costosa o comunque inadatta allo scopo. Non tutti, dunque, dovrebbero utilizzare bilance industriali per pesarsi.
Lo studio del problema dovrebbe sempre essere il primo passo verso la ricerca degli strumenti più adatti alla soluzione dello stesso. Per fortuna non esiste “una taglia unica”, in informatica. Così come non sempre lo strumento più “moderno e in voga” sarà quello più adatto e longevo sul lungo periodo.
Commenti